UBS pronta ad acquisire Credit Suisse
Tutto come da copione, il più grande gruppo bancario svizzero è pronto ad un accordo con Credit Suisse... UBS, particolarmente legata al Vaticano. Vediamo come.
Come assolutamente prevedibile, il Financial Times riporta la notizia che UBS è prossima all’acquisizione di Credit Suisse, con un accordo che dovrebbe essere reso pubblico entro la giornata di lunedì, prima dell’apertura delle borse.
Nell’ultima settimana, con uno schema meno aggressivo ma che ricorda perfettamente quanto accaduto con la Silicon Valley Bank (vi invito a leggere l’articolo scritto una settimana fa in merito, lo trovate linkato qua sotto), anche per Credit Suisse sono stati registrati deflussi di capitali dai propri conti a quelli di UBS, per un ammontare di circa 10 miliardi di franchi. Non al livello dei 42 miliardi in un giorno di SVB, ma certamente una situazione di liquidità compromessa, al punto che la Banca Centrale Svizzera è dovuta intervenire con un prestito di 50 miliardi di franchi. E, aggiungo, con incredibile specularità rispetto a SVB, la corsa allo sportello per CS ha registrato un beneficio per UBS ora prossima all’acquisizione, esattamente come da SVB la liquidità è traslata a JP Morgan, pretendente ufficiale per gli assets di SVB post liquidazione fallimentare.
Secondo le regole svizzere, UBS dovrebbe in genere concedere agli azionisti sei settimane per consultarsi sull'acquisizione, ma lo stesso gruppo bancario avrebbe comunicato a stretto giro di posta l’adozione di misure di emergenza per poter saltare il periodo di consultazione e approvare l'accordo senza il voto degli azionisti.
UBS ha affermato che continuerà con i piani di Credit Suisse come annunciati per ridurre la sua banca d'investimento, in modo che l'entità combinata costituisca non più di un terzo del gruppo risultante dalla fusione. Ricordo infatti che, da ultimo a novembre del 2022, Credit Suisse aveva presentato un piano di ristrutturazione aziendale per diminuire drasticamente il perimetro di attività della sua unità di investimento, dopo una serie di scandali che l'avevano messa al centro dell'attenzione nei mesi precedenti.
Nel piano prospettato, CS aveva specificato che avrebbe venduto una parte significativa del proprio gruppo di prodotti cartolarizzati (securitized products group - Spg) al fondo di investimento americano Apollo Global Management, e, insieme ad altre operazioni di vendita, avrebbe ridotto le attività Spg da circa 75 miliardi a 20 miliardi di dollari: in questo modo la banca si preparava ad affrontare una strada che avrebbe avuto con obiettivo finale la riduzione dell’esposizione e del rischio legato al mercato della cartolarizzazione.
Il fatto quindi che Credit Suisse fosse in procinto di effettuare un importante ridimensionamento era fatto noto e certo, ed in quest’ottica non dovrebbe certo lasciare perplessi la mossa della Saudi National Bank, che prima fa letteralmente crollare il titolo quando nega nuovi iniezioni di liquidità, poi sostiene CS nel suo piano di ristrutturazione:
« sono contento del piano di ristrutturazione del gruppo elvetico… è una banca molto forte. Non penso che abbia bisogno di ulteriore liquidità, se si guarda ai ratio patrimoniali, vanno bene. Inoltre la banca opera sotto stretto controllo regolatorio in Svizzera e in altri Paesi», ha dichiarato al-Khudairy.
Nonostante quello che si possa pensare, l’investimento saudita in Credit Suisse non è stato fino ad ora particolarmente redditizio: quello che hanno versato poco più di sei mesi fa, 1,5 miliardi di dollari, oggi vale in borsa appena 824 milioni, con una minusvalenza teorica di quasi 700 milioni.
Bilancio molto magro, scrive Milano Finanza, anche per gli altri soci mediorientali entrati con l'ultimo aumento della banca svizzera, cioè la Qatar Holding che è salita proprio recentemente al 7% e l'asset manager saudita Olayan Group, che ha aderito pro quota alla ricapitalizzazione per il 4,9%.
Si parla da almeno tre anni del ridimensionamento di Credit Suisse. Quale occasione migliore di approfittare di una "crisi" di una banca d'oltreoceano per deprezzare le azioni, realizzare perdite, consentire l'acquisizione a prezzo di saldo al vero colosso svizzero, magari liberandosi anche di soci ingombranti che vogliono avere troppa voce in capitolo e hanno un potere ricattatorio in man?. Lo schema svizzero con in mezzo UBS ricorda molto il fallimento di SwissAir del 2001, vi lascio la curiosità di andare a cercarlo in autonomia, sempre che non ve lo ricordiate.
UBS, per chi non lo sapesse, è molto vicina al Vaticano: osservate il simbolo della Santa Sede e quello della banca:
Basterebbe fare una ricerca veloce per trovare le innumerevoli connessioni ed i rapporti, a tratti anche di origine non proprio limpida, che intercorrono tra il Vaticano e la UBS, rapporti negli ultimi anni balzati alle cronache per diversi scandali finanziari che hanno investito la Santa Sede.
Per molti potrebbero essere semplici coincidenze, ed io tacciata di essere la solita visionaria complottista, ma come diceva Agatha Christie, «un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova».
I simboli praticamente identici della Santa Sede e di UBS sono la prima coincidenza.
Il corpo delle guardie svizzere fu istituito il 22 gennaio 1506 per difendere il Papa e i palazzi pontifici. Fu papa Giulio II, eletto nel 1503, che decise di circondarsi di un corpo di guardie scelte per proteggersi dagli avversari e dai frequenti delitti politici che avvenivano a Roma in quel periodo. E poiché anni prima il papa Sisto IV aveva lodato una compagnia di soldati svizzeri, Giulio II scelse uomini di quella nazionalità.
Per mezzo del canonico svizzero Pietro di Hertenstein il 9 settembre 1506 nel cantone di Zurigo furono arruolati i primi 150 soldati, che poco dopo arrivarono a Roma. Nel 1512 le guardie difesero lo Stato pontificio contro il re di Francia, meritandosi dal Papa l’appellativo di “difensori della libertà della Chiesa”. La UBS nasce nel 1998 dalla fusione di Unione di Banche Svizzere e Società di Banca Svizzera. Tuttavia, la data di fondazione ufficiale è l'aprile del 1862, anno in cui la Banca di Winterthur, suo nucleo, venne fondata. Dal 1998, la banca utilizza l'acronimo UBS come nome ufficiale dell'azienda. Winterthur è un comune svizzero che al 2016 aveva 109 775 abitanti del Canton Zurigo, nel distretto di Winterthur del quale è capoluogo. Seconda coincidenza.
Nel 2013 la rivista cattolica Famiglia Cristiana pubblicava un articolo che raccontava “la vera storia della banca del Vaticano”, ripercorrendo tutte le tappe che hanno portato alla creazione dello IOR. Senza entrare nel merito dell’articolo, che comunque a mio parere merita sicuramente un’attenta ed interessata lettura, sottolineo un passaggio che salta all’occhio. Nel 1982, in pieno scandalo Banco Ambrosiano, il segretario di Stato Vaticano, Agostino Casaroli, annunciò che il Vaticano aveva nominato tre esperti che avrebbero esaminato il rapporto tra l’Ambrosiano e lo IOR: uno di questi era lo svizzero Philippe De Veck, già presidente dell’Ubs e futuro vicepresidente dello IOR, oltre che membro irremovibile del Consiglio di Sovraintendenza dello IOR. Terza coincidenza.
Potrei continuare perchè i casi che ho citato sono solo una parte marginale delle connessioni tra UBS e Vaticano, ma sufficienti per considerarle prove dello stretto legame intercorrente.
In questi giorni leggo molti facili entusiasmi in relazione al crollo di queste banche, a partire dalla SVB, fino ad arrivare a Credit Suisse, segnale per molti del fallimento molto prossimo del sistema finanziario basato sulla moneta fiat a favore di un ritorno ad un ancoraggio al prezzo di una materia prima come oro o argento, piuttosto che all’apertura verso un nuovo sistema digitale più equo.
Personalmente ritengo invece semplicemente che, sebbene il sistema finanziario che conosciamo ora basato su emissione di moneta inesistente a debito sia destinato ad un fallimento che non so al momento quantificare nella tempistica, stiamo assistendo ad una nuova concentrazione di assets bancari. Le banche americane fallite erano di recentissima fondazione (a SVB nasce nel 1983, la First Republic Bank nel 1985, la Signature Bank nel 2001), tutte estremamente specializzate in settori emergenti (spesso sopravvalutati) e in crypto, non riconducibili alla cosiddetta cabala finanziaria. Per contro, come abbiamo appena visto, la situazione di Credit Suisse era ampiamente prevista e segnata, sarebbe accaduta ugualmente anche senza il fallimento di SVB.
Anzi, questi fallimenti o fusioni risultano essere propedeutici proprio ad un raggruppamento di assets positivi a favore dei soliti noti. L’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS era sul tavolo da parecchio tempo, è stata solo accelerata, con un tempismo che permetterà di bypassare le rigide regole svizzere che richiedono l’approvazione dei soci, detentori in ultima istanza di un importante diritto di veto.
Siete davvero sicuri che questo sia il crollo del sistema che tanto aspettate, oppure è una riorganizzazione della massoneria finanziaria con l’intento di procastinare l’inevitabile?
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